PARCO ARCHEOLOGICO
Tra il Riu Malu e il Riu Bellu, in un territorio argilloso che ne ha caratterizzato la storia e l’economia, sorge Pabillonis, noto da secoli anche come Bidda de is pingiadas (paese delle pentole). Il paese conta quasi tremila abitanti ed è legato a tradizioni agricole e artigiane, inparticolare per la lavorazione della terracotta e della terracruda. La sapienza dei “maestri” ceramisti e la proprietàdelle materie prime disponibili nei suoi terreni paludosi garantisconola qualità dei prodotti lavorati.Troviamo citato Pabillonis nei documenti che sancirono lapace tra Aragona e il Giudicato d’Arborea nel 1388, come Paviglionis e Panigionis, dal latino pavilio, in sardo pabillone,ovvero accampamenti militari a difesa dei confini del Giudicato cui il villaggio apparteneva.Nel territorio del Comune di Pabillonis sono presenti importanti testimonianze archeologiche, degne di essere conservate e valorizzate.
Cominciamo l'itinerario dalla parte settentrionale del territorio comunale, quella più vicina alla città e al porto di Neapolis, che nell'antichità era presumibilmente la più ricca ed importante dalpunto di vista strategico e commerciale, vale a quella dire attorno al grande complesso nuragico diSan Lussorio, ubicato nel punto dove il Flumini Mannu cominciava a raggiungere la massima portata d'acqua, raccolta dai suoi affluenti di sinistra (provenienti dai monti di Guspini, Arbus e Gonnosfanadiga) e di destra (dai colli di Sardara,Collinas e Mogoro). Nella prima metà dell'Ottocento Vittorio Angius affermava che il nuraghe presso l' antica chiesettacampestre, oggi diruta, di S. Lussorio “è pure da esser riguardato per la sua grandezza. Esso eracircondato d'un'altra costruzione da due nuraghetti di questa si possono ancora vedere in parte[sic]. In uno de' quali nel principio del corrente secolo si scoprì un'urna quadrilunga di metri due emezzo nel lato maggiore, e dentro la medesima delle grandi ossa”. Nel 1918 Antonio Taramelliannoverava “il nuraghe Santo Lussorio” trai principali monumenti preistorici ubicati nel “bacinodel Rivus Sacer”, e risulta inoltre come l'unico nuraghe di Pabillonis citato assieme al Nuraghe Fenunegli elenchi ministeriali del 1902 e 1922. Nel 1998 Giovanni Ugas lo definisce nuraghecomplesso con un villaggio datato tra il Bronzo recente e la prima Età del Ferro, mentre nel 1987 Raimondo Zucca segnala il ritrovamento di anfore commerciali puniche e ceramica attica a vernicenera, oltre alla presenza di un insediamento di età romana ed alto-medievale. Nel 2016 il Segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo perla Sardegna ha dichiarato la “Area archeologica del Nuraghe Santu Sciori” bene di interessearcheologico ai sensi del D. Lgs. 22 gennaio 2004. Nella relazione allegata alla dichiarazione diinteresse culturale, compilata dall'Ispettore Massimo Casagrande, si legge che “Allo stato attuale ilmonumento si presenta come un nuraghe polilobato costruito in pietre vulcaniche di grandepezzatura, di cui si distinguono almeno tre torri quasi interamente interrate e parzialmente celatedal possente crollo. […] In assenza di scavi archeologici, il primo impianto del complesso nuragico può essere datato tra l'età del Bronzo Recente e il Bronzo Finale (XIV-XI sec. a.C.). [...] Un'altrastruttura antica, forse un'ulteriore torre nuragica, è stata costruita a circa 60 metri ad Ovest dellastruttura principale e al momento sembra essere isolata. Alla sua sommità sono presenti i ruderidell'originaria chiesa campestre di San Lussorio, il cui perimetro è ancora ben distinguibile perun'altezza massima di circa 2 m. […] Il complesso nel suo insieme rappresenta un importantetestimonianza dell'occupazione del territorio che si struttura su sistemi complessi e parzialmenteindipendenti, con al centro la pianura del Flumini Mannu. Per il suo valore monumentale e storico,il suo posizionamento nel sistema nuragico complesso dell'area, si ritiene necessario dichiarare diimportante interesse l'Area Archeologica del Nuraghe Santu Sciori di Pabillonis”Dopo essere stato acquisto dell'amministrazione comunale di Pabillonis, è attualmente in corso la valorizzazione dell'area archeologica con progetti comunali e regionali destinati a favorirne la visitae l'accessibilità anche ai portatori di handicap.
Per un raggio di circa un chilometro attorno alla fortezza nuragica di San Lussorio esisteva nell'antichità una rete di protezione di questo insediamento principale, testimoniata dalla presenza dialtri nuraghi minori costruiti in punti strategici, soprattutto in corrispondenza dei guadi fluviali.Il primo nuraghe provenendo da nord ci è noto grazie alle prime mappe catastali della Sardegna,realizzate tra il 1842 e il 1843 dal Real Corpo di Stato Maggiore, che rilevano ai confini all'epoca contestati trai comuni di Pabillonis, Guspini, Arcidano e Mogoro - di un punto trigonometrico poggiato su un nuraghe denominato Nuraxi Fogoneddu o Nurasi Foguedu, o semplicemente nuraxi. Il monumento è ubicato a poca distanza a nord ovest dalpunto dove il “Flumini Malu” e il “Flumini Bellu”, unendosi, prendono il nome di “Flumini Mata” (chiamato ufficialmente in altre carte Flumini Mannu), in corrispondenza di un guado denominato “Bau Fogoneddu”. Un nuraghe denominato Acqua Sassa rappresentato più o meno in questo puntoda Francesco Lampis, imprenditore guspinese appassionato di archeologia e collaboratore delTaramelli tra gli anni '20 e '30 del Novecento, che elaborò una mappa “nuragografica” inedita del Guspinese, dovrebbe corrispondere al nuraghe Fogoneddu. Questo toponimo infatti, dopo esserestato rappresentato nelle mappe di inizio Ottocento, scompare completamente dalla cartografiasuccessiva e non appare mai in bibliografia. Potrebbe corrispondere al piccolo rilievo contraddistinto dalla quota di 25 metri s.l.m., al confine tra Guspini e Pabillonis, visibile sulla carta IGM in scala 1:25.000 del 1931. Vicino a questa, presso i ruderi dell'abitazione campestre denominata Casa Rossi, ai giorni nostri si rinvengono numerosi blocchi di basalto lavorati contecnica nuragica, sicuramente provenienti da questo edificio. Nella stessa elaborazione grafica del Lampis sono rappresentati, presso il Flumini Mannu,altri due nuraghi: sulla sponda sinistra, a circa un chilometro a sud ovest del Fogoneddu, uno senzanome specifico presso Casa Matta, tra le località di Ponti Becciu e Partiossu. e il Nuraghe S.Caterina sulla sponda destra. Il nuraghe anonimo indicato soltanto con un simbolo dal Lampisdovrebbe corrispondere al “nuraghe senza nome in località Pitziossus”, citato in questo modo da Giovanni Lilliu nel 1948, che menziona il ritrovamento nelle sue vicinanze di ossidiana e “di unbulino della stessa roccia, in forma di becco di pappagallo”. Si tratta probabilmente di un erroredi trascrizione, perché il toponimo Pitziossus non risulta esistere in quei luoghi, ma dovrebbetrattarsi dello stesso monumento denominato Part'Jossu da Giovanni Ugas nel 1998. Tutte queste indicazioni porterebbero ad ubicare questo nuraghe presso la località di Partiossu, più precisamente a sud della Casa Matta e a nord dalle C.se Muru. In quest'areatroviamo dei grandi cumuli di pietrame lavorato proveniente da spietramenti, e dei vecchi recinti per bestiame caratterizzati dall'uso per la loro costruzione di pietre nuragiche bel lavorate. Nel “Foglio d'Unione del Comune di Arcidano” del 1843, sempre presso i confini tra Mogoro,Pabillonis e Guspini, oltre al Nuraxi Fogoneddu, sulla sponda opposta è aggiunta a matital'indicazione di un “Ponte Vecchio o S. Caterina”. Il nome attuale di Ponte della Baronessa è successivo a questo, in quanto il Barone Rossi, proprietario di quella zona, ricevette il titolo nobiliare soltanto nel 1847, quattro anni dopo i rilievi del De Candia. Nelle mappe dell'IGM apartire dalla fine dell'Ottocento non apparirà più il toponimo di “Ponte S. Caterina”, ma tutta l'area limitrofa verrà denominata semplicemente Ponte Vecchio. La prima menzione ufficiale di questomanufatto risale al 1987, quando l'Ispettore onorario Tarcisio Agus (poi sindaco di Guspini econsigliere regionale) scrive alla “Soprintendenza per i Beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano” una lettera con oggetto “Ponte romano pericolante in agro di Pabillonis” dovesegnala il rischio di crollo della struttura, e si auspica un intervento di consolidamento. In una successiva relazione del 1995, compilata dalla funzionaria della Soprintendenza Archeologica Luisanna Usai in seguito ad alcuni sopralluoghi nel territorio, si dichiara che il Ponte della Baronessa “potrebbe essere di origine romana”, forse volendo sottintendere con questo che la struttura subì restauri e modifiche in epoche successive. L'area è attualmente completamente occupata da colture intensive, e l'unico elemento architettonico del ponte antico ancora visibile è costituito da una sola arcata superstite, ubicata ad una certa distanza dall'attuale alveo fluviale, all'interno di un campo arato. Il ponte è stato recentemente oggetto di opere di consolidamento dall'amministrazione comunale, rendendo sicura la sua fruibilità da parte dei visitatori. A soli 150 metri a nord est sopravvivono i resti del Nuraghe e della chiesa medievale di S. Caterina, indicati come “Rovine di S. Caterina” nelle carte IGM 1898 e 1931, ma dopo tale data tale toponimo scompare dalle cartografia. Precedentemente, nel “Foglio d'Unione del Comune di Mogoro” del 1843 presso la riva destra del “Flumini Mata” era indicato, con inchiostro rosso, un punto caratteristico denominato “S.ta Catterina”, senza altre precisazioni. L'antica chiesa campestre fu costruita riutilizzando i resti dell'omonimo nuraghe, e la sua esistenza è ricordata negli Annales Sardiniae da Salvador Vidal, monaco francescano nato nel 1575 a Maracalagonis, che cita la presenza a Pabillonis di questo edificio sacro, assieme a quelli ubicati nel centro del paese dedicati a Santa Maria e San Giovanni. Oggi del nuraghe si intuisce l'antica importanza da l'esistenza di una grandiosa struttura di recinzione per il bestiame del diametro di circa ottanta metri, costruita con blocchi lavorati di basalto, mentre la presenza di laterizi testimonia la sua sopravvivenza come abitato fino all'età romana. La piccola chiesa campestre, di cui è ben riconoscibile la pianta parallelepipeda, potrebbe testimoniare il culto di età bizantina per questa santa. 
A circa tre chilometri a sud del nuraghe San Lussorio, per un raggio di circa due chilometri, incontriamo una seconda concentrazione di insediamenti nuragici, almeno sei, disposti a raggiera lungo la complessa rete fluviale che  aratterizza l'area dove sorge l'odierno centro abitato di Pabillonis, assieme ad altri monumenti coevi o di età successiva. Proseguendo da San Lussorio verso sud est lungo il corso del fiume, che ora cambia il suo nome in Flumini Malu, troviamo un altro guado significativo denominato Bau sa Taula. Qui viene segnalato un insediamento punico, romano e alto-medievale da Raimondo Zucca per il ritrovamento di frammenti ceramici di varie epoche, dalle anfore puniche alla ceramica invetriata medievale. La presenza di grandi blocchi squadrati di basalto segnala in questa zona la presenza di un edificio nuragico, denominato dal nome della località Nuraghe Sa Fronta, che secondo testimonianze orali sarebbe stato distrutto durante lavori agricoli effettuati in tempi non tanto lontani dai nostri giorni. L'analisi delle foto aeree degli anni cinquanta sembra suggerire la presenza di un nuraghe trilobato non distante dalla riva destra del Rio Malu.
Nella piana tra il nuraghe Sa Fronta e la linea ferroviaria Cagliari - Golfo Aranci troviamo invece l'unica sepoltura preistorica attualmente conosciuta nel comune di Pabillonis, nella località nota come S'ena 'e su Zimini. Il sito è stato segnalato per la prima volta da Giovanni Ugas nel 1986, che notava la presenza in mezzo a dei blocchi di basalto ancora in situ di un “masso trapezoidale sbiecato alla sommità, ben lavorato a martellina” che “può essere interpretato come menhir collocato in vicinanza di una tomba megalitica collettiva indiziata non solo dai massi ma anche da una grande quantità di ossa umane”. Per questo motivo lo stesso studioso ipotizza la presenza, in questo luogo, di un insediamento databile tra l'Età del Bronzo recente e la prima fase dell'Età del Ferro.
Superando da qui verso nord est il casello ferroviario in direzione della Strada Statale 131 Carlo Felice, troviamo al confine con Mogoro lungo l'antica via da Oristano a Cagliari la regionedi Is Arenas, una vasta distesa di terreno sabbioso trai comuni di Mogoro, Sardara e Pabillonis dove è segnalata la più antica presenza umana in questo territorio. Nell'area sono noti inbibliografia i ritrovamenti di strumenti litici attribuibili al Paleolitico e al Neolitico, oltre alla frequentazione in età nuragica ancora riscontrabile sul terreno.
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